Vivere o pedalare

L

a recente (breve) vacanza in Toscana mi ha detto qualcosa di importante: ho imparato a “staccare” veramente, alienandomi da tutto ciò che è routine e per questo logorante. Ne ho avuto la prova al momento di riprendere le attività ordinarie in cui tutto mi è sembrato estraneo, come me ne fossi allontanato per mesi. Mi sono accorto di come e quanto sia bello non essere social a tutti i costi, anzi, ho notato che volerlo essere per forza genera reazioni strane. Io penso che l’invidia pervada gran parte dell’utenza oltre al fatto di stancarsi molto presto delle persone. Ma a cosa serve allora il social? Se riesci a carpire la vita reale e a trarne il massimo, probabilmente l’utilità si riduce a zero. Dicevo dunque di aver trascorso un paio di giorni lontano dalle magagne del cuore, della testa e altro. Quando stai bene ti accorgi di non essere più schiavo delle cose che sei convinto ti facciano stare bene. Non riesco ad evitare la ripetizione, mi serve per rafforzare il concetto. Esempio: scrivere mi fa star bene, andare in bici mi far stare bene, fotografare mi fa stare bene. A volte sembra non possa prescindere da queste cose. Di fatto, se riesco a non sentirne la mancanza, potrebbe derivare da una condizione di autentica serenità. La bici ha giocato un ruolo importante in questo Gennaio che ci lascia; mi è dispiaciuto non concedermi neppure un’uscita, per certi aspetti mi sono sentito in colpa. Scoprire però di averne fatto a meno senza eccessivi rimpianti può essere un buon segno. A meno che io consideri “vita” pedalare oppure il semplice vivere. Bel dilemma. 

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