Tag: Età

Al caldo

E

ccomi, amici lettori. Qualcuno penserà che mi accontento di poco, vivendo una settimana nell’attesa del post del Venerdì. Probabilmente avrà anche ragione ma l’esigenza del momento è quella di far riposare il cervello ogni sera e restituirmi un bel rendiconto settimanale liberando i pensieri. Farlo insieme a voi mi riesce semplice quasi quanto complicarmi le giornate, i mesi, l’intera vita. Ho pensato molto a ciò che non riesco a fare per me stesso. La cosa strana è che in un momento della mia vita in cui non ho molta voglia di condivisione “de visu”, sento la mancanza delle persone, di alcune in particolare. Mi sento bloccato, tendo a rinviare gli appuntamenti, gli aperitivi, le pizze, sebbene so per certo sarebbero salutari, liberatorie, motivanti. Non ci riesco, ho paura di essere troppo stanco, preferisco mettere su il pigiama e stare al caldo. Io sono uno di quelli a cui la solitudine non ha mai fatto paura, avendola in parte cercata e in parte provocata. Sto facendo un lavoro certosino su mamma, in preda ad una forte depressione causata dall’età e dalla presa di coscienza di molte cose, troppe forse. Aiutare gli altri e in particolare i propri familiari è istintivo, naturale ma non esente dal provocare importanti effetti collaterali su chi deve improvvisarsi psicologo. Non posso non tornare a quel 21 Novembre e all’inizio di un percorso in cui, se non ci fossero stati i miei genitori, io mi sarei impantanato nelle sabbie mobili. Tocca a me ma non perché glielo devo, semplicemente sono figlio, diventato in qualche modo padre. Convivo ormai con una realtà fatta di incertezze, preoccupazioni, lavoro e pochissimi momenti di svago. Me ne rendo conto, va bene così, potrei fare di più. Prometto impegno. 

Destino bambino

A

d una “certa” non è più questione di piegarsi al destino e nemmeno di abbracciarlo. Per quanto suoni arrendevole, un buon compromesso è in grado di sbaragliare l’ossessione del futuro. La saggezza del vecchio impone di minimizzare quello che sembra milioni di volte più grande di noi, fosse anche la morte. Viene più o meno naturale ridicolizzare la portata di una grande parola, ad un minimo termine. L’evento improvviso che scombina i piani non può esistere perché non esiste un piano, almeno non v’è traccia di umano nel programmarsi l’esistenza. E vale anche per domani, non solo per “tra qualche tempo”. Ridimensionare il fato significa attribuirgli i connotati di un bambino con il quale avere il piacere di giocare, ben sapendo di ottenere in cambio sorrisi e disponibilità, e quasi mai dispetti o rivalse. Scendere dal treno ed attraversare quello spazio fisico che mi separa dal lavoro, costituiscono di per sé “fato”. Con luii mi permetto di scherzare, ad esempio scrivendo questo post; ciò che leggete è frutto di un determinato disegno al quale tento di sottrarmi senza una ragione plausibile. Ad una “certa”, si diventa così. Non tutti, per fortuna.

destino1