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scita numero 1, sessantuno chilometri. “Hai sentito l’odore di primavera?” Mio padre ha letto nei miei occhi tutta la soddisfazione del primo sole caldo e nonostante fossi sudato come un cencio, ho risposto: “Sì, come inizio non posso proprio lamentarmi!” Che bello pedalare e che meraviglia farlo quando la primavera prova a sfondare il muro di un inverno che sembra voler mollare la presa. Poco importa se si tratta di un’illusione, ormai la strada sarà solo in discesa. Lo scorso martedì mi sono sottoposto ad una visita biomeccanica, finalizzata a regolare la mia posizione in bicicletta ed ovviare ad alcuni problemi fisici riscontrati lo scorso anno. Ho bisogno di pedalare molto per capire quanto il nuovo assetto sia soddisfacente, poi a fine mese potrò fornire un riscontro attendibile. Intanto ho spinto più di quanto credessi, alla luce di un mese di gennaio passato a fare massa in palestra. Il poco movimento l’ho pagato un po’ sulla via del ritorno ma se escludo un leggero fastidio alla spalla destra, tutto è andato bene. Amici lettori, inutile che scriva quanto sono contento di essermi rimesso a pedalare; ne ho sentito tremendamente la mancanza fino a sentirmi colpevole di non seguire l’istinto verso ciò che più di ogni altra cosa, sa farmi stare bene. Durante il tragitto mi sono fermato a visitare un piccolo santuario immerso nel silenzio di una strada comunale. Ho parcheggiato la bici ad una delle panchine “appoggiate” alla facciata e sono entrato. Mi sono guardato intorno, ho alzato gli occhi al soffitto, fissato le immagini sacre e chiuso gli occhi per un momento. In fondo, porca miseria, cosa ci vuole ad imparare che non c’è nulla di cui dolersi se la vita ti regala certi momenti. Basta solo farne tesoro e ricordarlo sempre.
