A
rrivo a fine corsa stanco e scarico, oltre ad essere preda della solita smania di gestire tutto in un tempo libero che diventa sempre più ristretto. Nell’elenco delle cose da fare (sia benedetta l’app Note di Apple) ho inserito la voce “Psicologo”. Sarebbe ora, ora che ho chiare le ragioni dell’infelicità di fondo che fa da motore (lentissimo) alle mie giornate. Non ho nulla di cui biasimarmi se non di aver provato per troppo tempo a farcela da solo. Saper e sapersi analizzare non fa di me Freud e la cocciutaggine non è nemmeno un mio tratto saliente. Semplicemente ho lasciato che tutto scorresse facendo leva sul principio del carpe diem come bicchiere mezzo pieno di una situazione mortificante e alienante. Non mi preoccupa molto il raggiungere picchi di tensione che sfociano in rabbia dura da recuperare in termini fisici. È decisamente peggio, a mio parere, essere consapevole di questa vita che scorre senza un senso e farmene una ragione. C’è molto di quello che mi circonda (persone, dinamiche, condotte) a rendermi perennemente nervoso, reattivo, sfinito, abbattuto. Molti non sanno contestualizzare, amplificando situazioni oppure perdono contatto con la sostanza delle cose e degli uomini. Il mio ambiente di lavoro, ad esempio, è logorante. Ci sono soggetti di una bassezza morale senza precedenti e ancor peggio, disonesti dal punto vista intellettuale. Doverci convivere non è semplice, si accetta ma in qualche modo le scorie ti restano addosso. Ti diranno che è solo lavoro. Quel che sei non lo puoi cambiare ma la voce “psicologo” la vedo come un’altra (l’ennesima) ancora di salvezza. Non significa essere alla canna del gas, piuttosto aver maturato la decisione finale, forse la svolta, il salto di qualità. Quando manca la bici, si sente, si legge. Portate pazienza.
