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Vivendo adesso

P

robabilmente una buona parte delle persone normali sarà in compagnia, bevendo uno Spritz oppure cenando in allegria. Quanti aspettano il Venerdì per mandare a fare in culo la settimana e dare sfogo ai propri istinti? Ho avuto modo di discutere molto nei giorni scorsi a proposito delle rinunce e del pericoloso andazzo di considerare normale la stanchezza, affossandosi nel letto. La scusa buona è quella di stare invecchiando o di avere di meglio da fare, tipo rilassarsi e staccare il cervello. Il post del Venerdì sera ha un sapore celebrativo e di rassegnazione al tempo che passa, come fosse necessario per giustificarmi del mio non-vivere conclamato. Nei momenti di rabbia di questa settimana (vi dico che sono stati tantissimi) mi lamento molto della mia vita vuota, fatta di lavoro, faccende domestiche, aiuto ai miei e rispetto delle rigorose regole che mi sono auto-imposto, prima di potermi concedere qualche piacere. Ho bisogno di qualcuno con cui condividere tutto, ho bisogno di non dovere elemosinare presenze, ho bisogno di chi accetta il mio modo di essere senza deridermi, giudicarmi oppure sminuire il mio disagio. I miei “ho bisogno” nascono e si sviluppano al culmine dei periodi storti, quando il cervello sembra scoppiare. Poi svaniscono, come se la mia misantropia concedesse alla socialità di irrompere per poi buttarla fuori a calci. Chissà chi sono io. Chissà dove sta il senso di spingermi fuori dal guscio per poi rientrare in un gesto di auto-protezione. Lo scoprirò solo vivendo. Vivendo è una parola grossa.. 

Al caldo

E

ccomi, amici lettori. Qualcuno penserà che mi accontento di poco, vivendo una settimana nell’attesa del post del Venerdì. Probabilmente avrà anche ragione ma l’esigenza del momento è quella di far riposare il cervello ogni sera e restituirmi un bel rendiconto settimanale liberando i pensieri. Farlo insieme a voi mi riesce semplice quasi quanto complicarmi le giornate, i mesi, l’intera vita. Ho pensato molto a ciò che non riesco a fare per me stesso. La cosa strana è che in un momento della mia vita in cui non ho molta voglia di condivisione “de visu”, sento la mancanza delle persone, di alcune in particolare. Mi sento bloccato, tendo a rinviare gli appuntamenti, gli aperitivi, le pizze, sebbene so per certo sarebbero salutari, liberatorie, motivanti. Non ci riesco, ho paura di essere troppo stanco, preferisco mettere su il pigiama e stare al caldo. Io sono uno di quelli a cui la solitudine non ha mai fatto paura, avendola in parte cercata e in parte provocata. Sto facendo un lavoro certosino su mamma, in preda ad una forte depressione causata dall’età e dalla presa di coscienza di molte cose, troppe forse. Aiutare gli altri e in particolare i propri familiari è istintivo, naturale ma non esente dal provocare importanti effetti collaterali su chi deve improvvisarsi psicologo. Non posso non tornare a quel 21 Novembre e all’inizio di un percorso in cui, se non ci fossero stati i miei genitori, io mi sarei impantanato nelle sabbie mobili. Tocca a me ma non perché glielo devo, semplicemente sono figlio, diventato in qualche modo padre. Convivo ormai con una realtà fatta di incertezze, preoccupazioni, lavoro e pochissimi momenti di svago. Me ne rendo conto, va bene così, potrei fare di più. Prometto impegno.