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Vivere o pedalare

L

a recente (breve) vacanza in Toscana mi ha detto qualcosa di importante: ho imparato a “staccare” veramente, alienandomi da tutto ciò che è routine e per questo logorante. Ne ho avuto la prova al momento di riprendere le attività ordinarie in cui tutto mi è sembrato estraneo, come me ne fossi allontanato per mesi. Mi sono accorto di come e quanto sia bello non essere social a tutti i costi, anzi, ho notato che volerlo essere per forza genera reazioni strane. Io penso che l’invidia pervada gran parte dell’utenza oltre al fatto di stancarsi molto presto delle persone. Ma a cosa serve allora il social? Se riesci a carpire la vita reale e a trarne il massimo, probabilmente l’utilità si riduce a zero. Dicevo dunque di aver trascorso un paio di giorni lontano dalle magagne del cuore, della testa e altro. Quando stai bene ti accorgi di non essere più schiavo delle cose che sei convinto ti facciano stare bene. Non riesco ad evitare la ripetizione, mi serve per rafforzare il concetto. Esempio: scrivere mi fa star bene, andare in bici mi far stare bene, fotografare mi fa stare bene. A volte sembra non possa prescindere da queste cose. Di fatto, se riesco a non sentirne la mancanza, potrebbe derivare da una condizione di autentica serenità. La bici ha giocato un ruolo importante in questo Gennaio che ci lascia; mi è dispiaciuto non concedermi neppure un’uscita, per certi aspetti mi sono sentito in colpa. Scoprire però di averne fatto a meno senza eccessivi rimpianti può essere un buon segno. A meno che io consideri “vita” pedalare oppure il semplice vivere. Bel dilemma. 

Vittoria!

O

ggi è accaduto un piccolo miracolo. Dopo due polmoniti ed altrettanti ricoveri, l’ultima ecografia polmonare di mia madre ha attestato il totale riassorbimento delle infezioni. “Potete anche smettere di usare il saturimetro”, lei ha vinto il Covid. Non so cosa dire e non è facile lasciare piccoli spazi tra le righe per esprimere l’emozione che provo anche solo a raccontare tutto ciò. Difficile anche meravigliarsi alla luce delle svariate prove che è stata costretta ad affrontare e da cui mi ha abituato ad uscire vincitrice. Viva la mamma e viva la forza che una famiglia (spesso divisa e molto diversa nei suoi componenti) ha saputo dimostrare in questi lunghi mesi. Un monumento alla voglia di vivere e all’ostinazione. La più bella notizia in un giorno di pioggia, noioso e avverso ai miei fragili nervi costretti a scendere nuovamente in campo contro il silenzio. La premessa su mia madre era doverosa ma anche funzionale a dimostrare come spesso la pera cade lontano (molto lontano) dal pero. Gli anni non sono serviti a smussare i miei angoli vivi, soprattutto per colpa del lavoro e della mia voglia smisurata di mantenermi integro nella dignità e credibilità. Sarò anche l’unico a notare cose e quasi sempre queste mi lasciano perplesso, indignato, deluso. So reagire, ma a mio modo. Ci vuole tempo per far sentire la mia voce, il liberatorio “non sono d’accordo” e quel che ancora ferisce sono le “orecchie da mercante”.  Non importa. La premessa serve a ricordarmi che la voglia di vivere è sempre prioritaria e la durata stessa della vita potrebbe dipendere dalla capacità di farsi scivolare addosso le cose. Oppure dall’abilità di far valere le proprie ragioni, senza per questo arrivare allo scontro. Sono all’ennesimo bivio che mi porterà a cercare altrove quella condizione di equilibrio ( personale e professionale) tanto desiderata. Speriamo. Ma queste sono cazzate. Viva la mamma, il resto non conta.